PERIPEZIE ED ERRORI DELL’INTELLIGENZA

N. 1 -

Anno 2025

Giulio de Martino vive a Roma. È uno storico e saggista e si è occupato di bioetica e delle trasformazioni della società digitale.
giuliodemartino@gmail.com

Ai nostri giorni, la compromissione delle fenomenologie e delle dinamiche della «normalità» si riverbera sulle basi scientifiche della psichiatria e della psicoterapia. Non certo per dissolverle o screditarle – come vorrebbero gli anti-vaccinisti e i negazionisti di varia estrazione con il loro malinteso fervore anti-medico – quanto piuttosto per stimolare la revisione di schemi e di pratiche standardizzate e per rispondere ai problemi posti dai mutamenti sociali[1].

I decenni centrali del secolo XX – terminate le drammatiche vicende della guerra mondiale – furono caratterizzati, negli Stati Uniti e in Europa, dall’ottimismo economico e culturale. L’imponente sviluppo delle innovazioni scientifiche, mediche e sociali – accompagnato da cambiamenti nelle tecnologie domestiche e dei trasporti, nella chimica applicata e nell’ingegneria aerospaziale – indusse una memorabile spinta vitalistica e consumistica, sostenuta e incoraggiata dall’industria della cultura e dello spettacolo[2].

Nuove forme di assistenza medica e farmacologica, l’invenzione di supporti e strumenti del processo evolutivo – che rinnovavano il ruolo materno, ridefinivano la funzione della famiglia e aggiornavano il compito della scuola – crearono un ambiente «puerocentrico» che consentì i processi di sviluppo mentale e di accrescimento cognitivo tipici della generazione dei «boomers»[3]. Fu in quel contesto storico favorevole che si svilupparono le ricerche sulla struttura dell’«intelligenza umana». Teorie behavioristiche (Skinner), genetico-evolutive (Piaget) e socio-culturali (Vygotskij) rintracciarono le fasi e le modalità di sviluppo di una «intelligenza» di cui si profetizzavano l’evoluzione e l’accrescimento[4].

Negli anni ’70, però, – dopo il biennio della «contestazione globale» 1966-1968 con il diffondersi delle dottrine freudo-marxiste – si affiancò alla tensione ottimistica e miglioristica del «neo-capitalismo affluente» l’attenzione critica per i ritardi e le complicazioni dello sviluppo intellettuale infantile e adolescenziale. Le fenomenologie della patologia psichica (la fase neotenica e le pulsioni inconsce di Freud), le manifestazioni della dissidenza (la critica della «tolleranza repressiva» di Marcuse) e le contraddizioni della coscienza e della libertà (Fromm, Koestler) misero variamente in discussione la possibilità di una evoluzione lineare delle facoltà psichiche superiori nella società occidentale[5].

In un orizzonte divenuto mutevole e complesso, toccò ai cognitivisti e ai costruttivisti (Popper, Bruner) di tracciare la linea mediana tra le differenti istanze manifestatesi nello studio dello sviluppo affettivo e delle peripezie della mente personale[6].

Alla fine del secolo XX e nei primi decenni del XXI lo scenario sarebbe nuovamente cambiato. Con l’affermarsi della «globalizzazione» culturale ed economica e con la rivoluzione tecnologica dello smart e del digitale, divennero prioritari gli approfondimenti sulle interazioni «trans-culturali» come pure le ricerche sul feedback tra la mente umana e i dispositivi elettronici di cui si era saturata la vita quotidiana. Esplose la consapevolezza della complessità dell’orizzonte intersoggettivo: la società occidentale era diventata multietnica e multiculturale. La sua «identità», però, era stata messa in crisi non soltanto dai flussi migratori e commerciali di ampiezza planetaria, ma anche dal rapporto fra l’intelligenza naturale e l’intelligenza artificiale, fra la mente umana e la rete dei dispositivi digitali. De Kerchove e altri attualizzarono le ricerche di Marshall McLuhan[7].

Si adottò l’espressione «g-localismo» per indicare – da diverse prospettive – lo specchiarsi reciproco dei luoghi e delle culture, come pure l’intensificazione e velocizzazione della comunicazione. La vita sociale, anche nelle dimensioni personali, si ibridò con sentimenti, competenze e relazioni meno prossimali e più remote[8].

Da allora, tre «coordinate sferiche» hanno segnato il campo dell’evolversi e dell’operare dell’intelligenza umana. La prima coordinata era quella che aveva come polarità, da un lato: la lotta tra gli umani per la mera sopravvivenza e, dall’altro, lo sforzo – competitivo o cooperativo – per l’avanzamento dello sviluppo tecnico-scientifico. La seconda coordinata era quella che si dispiegava tra le «società di storia», lacerate da conflitti identitari e ideologici, e le «società di scienza e tecnologia», in cui prevalevano le libere dinamiche personali e le interazioni mediate da innovazioni scientifiche e tecnologiche. La terza coordinata sferica era quella che aveva come polarità la localizzazione oppure la globalizzazione della soggettivazione. All’intersezione di questi tre assi storici e tecnici si determinavano il nuovo «campo operativo e relazionale» dell’intelligenza dell’individuo e lo spazio delle connessioni tra i segmenti della società planetaria (fig. 1).

Fig. 1 Il campo sociale dell’intelligenza nel sec. XXI

Nei decenni iniziali del sec. XXI, gli studi sull’intelligenza umana si sono focalizzati sulle interazioni fra la mente e i molteplici dispositivi che la società mette a sua disposizione: tecnologie smart e strumentali, nuovi mezzi di trasporto e New Media. Differenze di orientamento si sono manifestate tra chi ha considerato i «dispositivi tecnologici» come mezzi di ampliamento ed espansione di capacità innate e acquisite (in forma integrativa o sostitutiva) e chi, invece, li ha interpretati come articolazioni del rafforzato sistema di «potere», di controllo e di manipolazione, messo in opera dai pianificatori del digitale nei confronti di coloro che ne erano solamente gli utenti[9].

In riferimento alla «globalizzazione economica e tecnologica» si è scritto dello sviluppo di una «intelligenza trans-culturale», intendendo con questo termine sia l’assimilazione – nelle diverse civiltà e culture – di elementi di standardizzazione correlati alla omologazione tecnologica, sia l’emersione di elementi di attrito e di divergenza originati dalla mondializzazione accelerata delle società. Tendenze divergenti alla globalizzazione e alla de-globalizzazione, alla localizzazione e alla de-localizzazione, al «meticciato culturale» e all’«identitarismo conservatore», hanno quindi influito sullo sviluppo dell’intelligenza umana togliendo ad esso ogni determinismo e linearità[10].

Se il «determinismo psicobiologico» non risulta più adeguato per comprendere le oscillazioni e le deviazioni dello sviluppo psichico, allo stesso modo, inadeguato risulta il «determinismo tecnologico» poiché propone una visione evolutiva e lineare del mutamento indotto dalla pressione dei nuovi sistemi tecnici e organizzativi. Ancora una volta – in funzione di mediazione tra l’impianto lineare genetico-evolutivo e quello culturale-acquisitivo e rifiutando sia la visione trionfalistica dei New Media e delle tecnologie digitali sia quella economicistica e manipolativa – si è proposto l’approccio cognitivista teso a mostrare come il soggetto umano, pure in presenza di nuove condizioni ambientali, strumentali e sociali, fosse stato in grado di sviluppare facoltà intellettive e creative idonee a padroneggiare i fattori cambiamento, anche se questo è avvenuto pagando il prezzo di una difficoltosa assimilazione e di un imperfetto adattamento.

La psicopatologia – con la terapia farmacologica e comportamentale – ha affrontato la smartphone addiction facendola rientrare nel più vasto campo delle technological addictions. Senza proporsi obbiettivi guarizionistici e miracolistici, si è proposta attente e calibrate strategie di adattamento, riferendosi ad un range di comportamenti di nuova e non semplice classificazione. Un discorso analogo si può fare per la «psicologia delle emergenze» in quanto studio e pratica dell’analisi e dell’intervento nelle situazioni di crisi e nei disastri naturali e tecnologici, nelle crisi sanitarie, in incidenti gravi, atti violenti e conflitti[11].

Se è vero che ogni dispositivo – come ogni nuovo contesto relazionale – giunge a condizionare l’operatività spontanea delle menti e dei soggetti, nella mente umana devono comunque esistere disposizioni cognitive ed affettive idonee a cimentarsi – in modo non subordinato né manipolativo – con i mezzi che sopraggiungono e con il mutamento dell’ambiente. Sappiamo che famiglia (curricolo informale), l’istruzione (curricolo formale) e le tecnologie (curricolo parallelo) non impiantano nuove funzioni psichiche nei bambini o negli adulti. Piuttosto mettono a loro disposizione strumenti che creano le condizioni attraverso le quali l’individuo può costruirsi nuove competenze e abilità. L’attivazione di tali pattern e la loro coordinazione richiedono una relazione complessa tra il linguaggio (interno ed esterno), le forme di visualizzazione (immagini reali e virtuali) e le forme di narrazione. Si devono quindi sviluppare attività sui segni (numeri, icone e termini linguistici) e i congegni tecnologici precedentemente non richieste, ma che si rivelano necessarie nel nuovo contesto[12].

Il presente impone di abbandonare – anche in campo psicosociale – ogni impianto lineare e unidirezionale. Non siamo più nel Novecento e la società in cui attuare le negoziazioni intersoggettive è profondamente mutata. Si impone l’adozione di una «epistemologia» non soltanto delle ipotesi e dei modelli – come nella post-modernità – ma anche del decentramento e della parzialità cognitiva al modo di quella proposta – in ambito economico – dalla «scuola austriaca»[13].

L’economista e sociologo Friedrich von Hayek si chiese in che modo – nella fittissima ragnatela di interazioni a somma positiva che avevano luogo all’interno di un ordine sociale poliedrico – potessero trovare attuazione l’apprendimento delle novità e il costante aggiustamento delle reciproche aspettative. Nel saggio L’uso della conoscenza nella società, elaborato nel 1945, Hayek osservò che «la conoscenza delle circostanze di cui ci dobbiamo servire non esiste mai in forma concentrata o integrata, ma solamente sotto forma di frammenti dispersi, incompleta e spesso contradditoria, e gli individui la posseggono separatamente»[14] .

Al di là dei livelli di astrazione scientifica e tecnologica, accademica e letteraria, gli individui (anche gli psichiatri e gli psicoterapeuti) detengono, in forma dispersa e non sistematicamente organizzata, elementi significativi di quella conoscenza che gli scienziati, i politici e i docenti universitari – intrisi del mito del «grande legislatore onnisciente e infallibile» – millantano di possedere in forma organica e definitiva. Si tratta, allora, di agire sopperendo ai limiti imposti da un universo imperfetto, popolato da individui non onniscienti e non onnipotenti, caratterizzato da una fisiologica penuria di risorse e da istituzioni fallaci. Va anche messo nel conto l’ineluttabile scorrere del tempo che produce il continuo cambiamento delle circostanze e l’esigenza di una conoscenza sempre nuova e diversa.

Si schiude quindi l’opportunità di battere percorsi inediti, di esplorare ambiti poco e male sconosciuti, di esperire tentativi e di effettuare previsioni sulla scorta della nostra conoscenza attuale e della nostra attuale anticipazione delle condizioni future. È lo stile di una «epistemologia della transilienza»[15].

NOTE

[1] Alberto Giannelli, Follia e psichiatria: crisi di una relazione, Milano, Franco Angeli, 2007.

[2] Vedi: Eric J. Hobsbawm, “The Golden Age”, in: The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, 1914–1991, Part II, Abacus 1994, ed. it., Milano, Rizzoli, 1995.

[3] Benjamin McLane Spock, Common Sense Book of Baby and Child Care, 1946, trad. it., Il bambino. Come si cura e come si alleva, Milano, Longanesi, 1954.

[4] Colin Allen, Denise D. Cummins, The Evolution of Mind, United States, Oxford University Press, 1998; Olga Liverta Sempio, Vygotskij, Piaget, Bruner, Milano, Cortina Editore, 1998.

[5] Erich Fromm, The sane society, New York, Rinehart, 1955, ed. it. Psicanalisi della società contemporanea, Milano, Edizioni di Comunità, 1960; Arthur Koestler, The Ghost in the Machine, 1967, trad. it., Torino, Societa’ Editrice Internazionale, 1970; David Cooper, Psichiatria e antipsichiatria, ed. it., Roma, Armando, 1972.

[6] Karl R. Popper, con John Eccles, The Self and its Brain, 1977, trad. it., L’io e il suo cervello, Roma, Armando, 1981; Jerome S. Bruner, Actual Minds, Possible Worlds, 1986, trad. it. La mente a più dimensioni, Roma – Bari, Laterza, 1993.

[7] Marshall McLuhan, Understanding Media. The Extensions of Man1, 1964, trad. it. Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1967; Derrick De Kerchove, Dall’alfabeto a internet, Milano, Mimesis, 2008; Luciano Floridi, The Fourth Revolution. How the infosphere is reshaping human reality, Oxford University Press, 2014, trad. it. La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, Cortina Editore, 2017.

[8] Zygmunt Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Roma-Bari, Laterza, 1998; AA.VV., Antologia del dissenso. Orizzonti politici e culturali del movimento antiglobalizzazione, a c. di Giulio de Martino, Napoli, Intra Moenia, 2002.

[9] Andrebbe analizzato – e forse psicanalizzato – il messaggio salvifico di cui si sono compiaciute le intelligenze dei «salvatori del mondo». Intellettuali e attivisti che si immaginarono apostoli della redenzione di una società corrotta e alienata, bisognosa del loro provvidenziale e angelico avvento. Vedi: Marco Brigaglia, Potere. Una rilettura di Michel Foucault, Napoli, Editoriale Scientifica, 2019; Giorgio Agamben, Che cos’è un dispositivo?, Roma, Nottetempo, 2006.

[10] Patrizia Catellani, Identità e appartenenza nella società globale. Scritti in onore di Assunto Quadrio Aristarchi, Milano, Vita e pensiero, 2005; Enrico Magni, Frammentazioni. Psicologia politica e globalizzazione, Psiconline, 2023.

[11] Vedi: Gioacchino Lavanco, Psicologia dei disastri. Comunità e globalizzazione della paura, Milano, Angeli, 2003; Internet Addiction Disorder (IAD) in: DSM-5 (2014); M. Fasoli, Il benessere digitale, Bologna, Il Mulino, 2019.

[12] Vedi: Francesco Parisi, Corpi e dispositivi in una prospettiva cognitivista, in: “Fata Morgana”, Quadrimestrale di cinema e visioni, anno VIII, n. 24, settembre/dicembre 2014, pp. 45-56.; David Scaramozzino, Maurizio Rabuffi, DSM-5 e IAD, 2014, in: https://www.istitutopsicoterapie.com/dsm-5-dipendenze-da-non-sostanze-linternet-addiction-disorder/#respond.

[13] AA.VV., La scuola austriaca di economia. Album di famiglia, a c. di Dario Antiseri, Lorenzo Infantino, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999.

[14] Friedrich A. von Hayek, Competizione e conoscenza. Saggi 1937 – 1970, Prefazione di Lorenzo Infantino, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2017, p. 58.

[15] Lozano Nasi, V. (2023). Human transilience in the face of adversities: Embracing global challenges as stepping stones, rather than stumbling blocks. [Thesis fully internal (DIV), University of Groningen]. University of Groningen. https://doi.org/10.33612/diss.829876183.

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