La condivisione del cibo: leva di cambiamento e autodeterminazione

Il tema della rivista “Di cotte e di crude. Etica del cibo tra individui e sistemi ci invita a esplorare la dimensione sociale e solidale del cibo, sottolineandone il ruolo come mezzo di autodeterminazione e strumento per il miglioramento della coesione sociale. La condivisione del cibo si lega infatti a valori che vanno oltre le pratiche quotidiane come i pranzi domenicali in famiglia o le cene con amici e colleghi; è una risorsa per stimolare un cambiamento concreto sia a livello personale che comunitario. Il cibo, considerato un bene primario, può divenire una leva per la trasformazione sociale, migliorando il benessere individuale e rafforzando i legami di solidarietà (Folgheraiter, 2004).

La carenza di cibo è una delle manifestazioni più evidenti della povertà, e risulta particolarmente inaccettabile e ingiustificabile quando colpisce le fasce vulnerabili, come minori e anziani. Secondo i dati ISTAT del 2023, in Italia si stimano poco più di 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta, pari all’8,4% del totale delle famiglie residenti, coinvolgendo quasi 5,7 milioni di individui, ossia il 9,7% della popolazione. L’incidenza della povertà assoluta è particolarmente elevata tra i minori, raggiungendo il 13,8%, e tra le famiglie residenti nel Mezzogiorno, dove la percentuale sale al 10%. In lieve crescita l’incidenza di povertà relativa individuale che arriva al 14,5% dal 14,0% del 2022, coinvolgendo quasi 8,5 milioni di individui (ISTAT, 2024).

Inoltre, il recente rapporto di Caritas (2024) ha rilevato che oltre il 50% delle persone che si rivolgono ai centri Caritas si trova in condizione di povertà cronica, con un aumento delle richieste di aiuto per beni primari come alimenti e alloggio. In particolare, Caritas segnala un incremento significativo delle persone con un’età compresa tra i 45 e i 64 anni, che spesso non riescono a rientrare nel mercato del lavoro a causa di scarse competenze o limitate opportunità lavorative. La situazione appare particolarmente critica anche per le famiglie con figli e per gli anziani soli, evidenziando l’urgenza di interventi sistematici per affrontare la povertà alimentare e abitativa.

La sensibilità verso queste situazioni è alla base della cultura della solidarietà, che spinge volontari, professionisti, assistenti sociali a lavorare per affrontare tali difficoltà. Come ricordato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS, 2023), uno degli obiettivi centrali del servizio sociale è promuovere una società più inclusiva e solidale, operando su fronti diversificati per garantire che nessuno rimanga indietro.

Le mense sociali rappresentano un esempio virtuoso tra i progetti di sostegno alle necessità di sussistenza: non solo offrono un pasto a chi ne ha bisogno, ma sono luoghi di empatia e calore umano, essenziali per chi vive situazioni di isolamento. Qui volontari e professionisti creano uno spazio accogliente dove si può ricevere sostegno, accedere a sportelli informativi e partecipare a gruppi di mutuo aiuto. Queste realtà concretizzano il principio di prossimità, centrale nel lavoro degli assistenti sociali, che mira a rispondere ai bisogni primari delle persone, ma anche a favorire l’integrazione e il benessere sociale complessivo.

Anche le raccolte alimentari costituiscono un esempio di condivisione solidale, favorendo la redistribuzione delle risorse. Il cibo, in questo contesto, non è solo un bene da donare, ma rappresenta un atto di riconoscimento e rispetto verso chi si trova in difficoltà. Attraverso la distribuzione di alimenti è possibile cogliere l’opportunità di interagire con le persone, ascoltando i loro bisogni più ampi e promuovendo interventi più completi e duraturi.

Un ulteriore esempio di condivisione e autodeterminazione sono le botteghe solidali, che permettono alle persone di scegliere i prodotti di cui necessitano, sostenendo così il principio di autodeterminazione. Questi spazi, in cui i cittadini possono selezionare ciò di cui hanno bisogno grazie a voucher concessi dai servizi sociali, offrono alle persone un’esperienza che rispetta la dignità e le preferenze individuali. Le botteghe solidali rappresentano un passo avanti verso una maggiore inclusività e promuovono il valore dell’autonomia (Gal & Weiss-Gal, 2015).

Infine, gli orti sociali sono un esempio di produzione condivisa che mira all’autosufficienza alimentare. Diverse amministrazioni locali e organizzazioni private mettono a disposizione terreni affinché le persone possano coltivare alimenti per sé e per la comunità, rafforzando al contempo i legami tra i membri della comunità stessa. Questa forma di condivisione attiva si allinea perfettamente con l’obiettivo di autodeterminazione sostenuto dal Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali, che sottolinea l’importanza di sviluppare progetti che permettano alle persone di acquisire nuove competenze e di contribuire alla comunità in modo concreto (CNOAS, 2023).

Inoltre, la promozione di pratiche come l’educazione alimentare e la lotta allo spreco costituisce un ulteriore impegno per una distribuzione più equa delle risorse alimentari. L’Ordine degli Assistenti Sociali invita a portare avanti queste iniziative che possono essere strumenti efficaci per garantire una maggiore giustizia sociale e ambientale, due valori chiave del mandato istituzionale e politico del Consiglio nazionale e dei Consigli regionali dell’Ordine.

In conclusione, il cibo può essere un potente catalizzatore per promuovere la solidarietà, l’autodeterminazione e lo sviluppo di comunità più coese e resilienti.

Bibliografia

 

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