Roma: tra rigatoni all’amatriciana e i rigori della nuova Food Policy

Al Mattatoio di Testaccio le strutture di ferro massiccio a cui venivano legati i capi di bestiame destinati al macello sono ancora là. Immobili testimoniano il passaggio di milioni di bestie che dalla fine dell’Ottocento hanno transitato in attesa del colpo di grazia.

Allora era zona periferica, quella abitata dal nuovo proletariato, quella che poi – con la costruzione dei gasometri – avrebbe offerto lavoro agli operai che vi accorrevano per una paga scarsa ma sicura, forse. Quella non era gente che faceva caso al muggito di centinaia di manzi, suini, ovini o all’odore pungente di sangue e sterco.

Comunque, i nomi sono duri a morire, più delle bestie, più delle generazioni che lì, a due passi dal Tevere, sono cresciute tra le fornaci dei gasometri e i magazzini della Miralanza.

Quell’ampia zona compresa tra Lungotevere Testaccio, Via Aldo Manuzio e Campo Boario si chiama ancora il Mattatoio di Testaccio, anche se dal 1975 le stesse funzioni vengono svolte nella nuova periferia romana di Tor Sapienza. Per chi fosse interessato, la vendita di carne è anche online: bovini nazionali, danesi, olandesi o austriaci. Ordine minimo euro 45,00.

Oggi la gestione del Mattatoio di Testaccio è affidata alla Sovrintendenza Capitolina dei Beni Culturali. All’interno trovano spazio una sezione dell’Accademia di Belle Arti e la facoltà di Architettura di Roma Tre.

Non c’è che dire: un piano di riqualificazione ben riuscito, soprattutto a vantaggio di mostre, concerti, spettacoli. E finalmente ampi spazi, sia aperti che chiusi, sono dedicati all’attività della Città dell’Altra Economia.

Si tratta di un’organizzazione che da quindici anni lotta per promuove pratiche economiche che garantiscono un’equa distribuzione delle risorse, rinunciando – per quanto possibile – al profitto ad ogni costo.

Lo spazio ideale per accogliere il Consiglio del Cibo riunito in assemblea il 17 luglio 2024.

Il caldo è pesante, ma già verso le 17:30 in tanti cominciano ad affluire nella sala conferenze. L’aria condizionata non ce la fa a contrastare il calore dei partecipanti in rapido aumento, molti restano in piedi. L’entusiasmo movimenta i vestiti colorati di gente di tutte le età.

Occhio e croce prevalgono i trenta-quarantenni, chi già non si conosce trova facile occasione di contatto, qualcuno sembra addirittura emozionarsi. È gente che ci crede, sembrano crederci anche i numerosi esponenti della Giunta Capitolina che, lasciata l’Aula Consigliare, non possono ignorare le centoquarantasette organizzazioni che aderiscono al Consiglio del Cibo: dalla Associazione Italiana Nutrizionisti in cucina al Banco Alimentare del Lazio; dalla Cooperativa Allevatori di Bestiame alla Lega Antivivisezione; da Roma Alta Cucina a Slow Food Lazio. Le sigle sono tante, ma tutte aderiscono al Regolamento del Consiglio del Cibo, nato nel 2021 e successivamente approvato con Deliberazione di Assemblea Capitolina il 13 aprile 2023.

Le sette pagine in cui vengono esposti i 13 articoli che regolano l’attività del Consiglio si reperiscono con facilità in rete. Per sintetizzarne lo spirito si riportano i tre obiettivi essenziali trascritti nel dépliant a disposizione dei partecipanti:

1) definire e monitorare la realizzazione della food policy di Roma Capitale.
2) proporre politiche, strategie e idee innovative che rendano sostenibili i sistemi alimentari.
3) coinvolgere e stimolare la comunità locale nella sua implementazione.

Utopie? Speranze di anime belle?
Chi è presente constata quanto l’assenza di retorica permetta che i contenuti trovino nella propria autenticità la forza di lievitare. Sarà per il rigore con cui il presidente Fabio Ciconte sa contenere gli interventi in tempi ristretti, ma più ancora per l’urgenza dei problemi affrontati; fatto sta che non c’è spazio per la retorica che spesso accompagna anche le migliori intenzioni, la pregnanza dei dati sovrasta l’autocompiacimento dell’eloquenza. La consapevolezza di trattare temi forti e vitali innerva la struttura dei discorsi che sono sempre trasparenti e liberi da inutili artifici, la complessità delle situazioni descritte non offusca la consequenzialità delle dichiarazioni.

Insomma, l’onestà intellettuale permette di mettere a fuoco la complessa interrelazione tra problematiche eterogenee, senza però cadere nel catastrofismo che spesso diventa solo un alibi per continuare a vivere nell’inazione.

Le tante strategie proposte sono state precedentemente incanalate in otto tavoli tematici di studio che forse vale la pena riportare per chiarire quanto una politica del cibo di ampio respiro debba necessariamente tenere conto di problemi a carattere ecologico, sociale, psicologico.

Questi gli otto tavoli tematici:
1) produzione locale e agroecologia 2) distribuzione e mercati locali 3) contrasto alla povertà alimentare 4) lotta allo spreco e alle perdite alimentari 5) Comunità ed economia sociale e solidale 6) ristorazione collettiva e scolastica 7) ristorazione 8) educazione e formazione.

Roma Capitale con le sue 3000 aziende agricole, 70 mercati comunali, 50 gruppi di acquisto solidale, le mense scolastiche e quelle solidali, problemi legati all’accoglienza turistica non può non promuovere un’azione concertata legata ai processi di produzione, trasformazione, distribuzione, consumo e smaltimento del cibo.

Da due anni e mezzo il Consiglio del Cibo formula proposte all’interno dell’Ufficio Agricoltura dell’Amministrazione Comunale di Roma.
I rischi sono infiniti, trovare armonia tra i tanti piani di intervento sembra davvero un’utopia.

La partecipazione degli amministratori comunali in questo caldo pomeriggio di luglio dà speranza di ottenere almeno una parte di quelle risorse necessarie a portare avanti i lavori. Tra i molti presenti gli assessori Giammarco Palmieri e Sabrina Alfonsi e soprattutto Roberto Gualtieri.

È proprio lui, il Sindaco di Roma che ritiene necessario collegare la dimensione produttiva con quella culturale, turistica, ambientale e quindi fare del cibo un punto di collegamento tra questi aspetti attraverso progetti che permettano anche di contrastare la povertà, gli sprechi, lo sfruttamento e il caporalato. Sono aspetti correlati agendo sui quali è possibile creare un nuovo modello di sviluppo.
Parola di Sindaco.

Quando alle dieci di sera il convegno si va sciogliendo, la sensazione condivisa è quella di non avere perso tempo, è quella di stare nella Storia, se non proprio dalla parte dei giusti, almeno dalla parte di chi crede che c’è sempre spazio per chi ha fiducia che qualcosa possa ancora cambiare in meglio.

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