Re-intrecciare la trama e l’ordito

È un torrido pomeriggio di luglio e mi agito su una sedia scricchiolante, sotto al gazebo di legno che fa ombra al bene confiscato. Mi guardo attorno inquieta e conto le pagine nervosamente. Devo preparare un altro esame, e come ogni anno non ho saputo resistere alla tentazione di venire a respirare quest’aria acre di grano ed animali da cortile, fumo e fiori di limone. Cerco invano di concentrarmi, quando un suono familiare attira la mia attenzione e mi fa sollevare la testa dalle pagine. Con il suo passo dondolante e i suoi inconfondibili vocalizzi Erasmo, che mi ha vista da lontano, mi sta venendo incontro con un gran sorriso ed il suo modo, musicale di comunicare. Come siamo abituati a fare, mi alzo e gli corro incontro con le braccia aperte, arrivo in fretta a poco più di un metro da lui e all’improvviso mi blocco, interdetta. Erasmo si è fermato e ha teso le braccia in avanti, e ora le agita con i palmi rivolti verso di me ad esprimere un ALT. Mi guardo attorno per qualche istante nel piazzale assolato mentre la polvere torna lentamente a posarsi sullo sterrato, e comprendo. Erasmo mi sta insegnando la nuova regola che i suoi operatori gli hanno trasmesso in questi mesi difficili: non ci possiamo abbracciare, per quest’anno dovremo trasmettere la gioia di rivederci con un nuovo linguaggio non verbale. Sono all’ombra del gazebo della Cooperativa Sociale “Al di là dei Sogni”, in un bene confiscato alla Camorra a Maiano di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Tutto intorno a me si coltiva la terra e si trasformano i prodotti che questa restituisce alle mani delle “persone svantaggiate” che la lavorano: uomini e donne provenienti da condizioni di vulnerabilità ed emarginazione, dalla tossicodipendenza al carcere, fino all’internamento manicomiale. Per ciascuno di loro è stato disegnato un Progetto Terapeutico Riabilitativo Individualizzato (PTRI), a tempo determinato, affinché ciascuno raggiunga e conquisti il miglior grado di “funzionamento” possibile, per dirlo con il linguaggio della psichiatria. Attraverso l’intessitura di una rete affettiva che contenga la persona e la riabiliti ad una socialità feconda1, il senso di appartenenza ad una casa rispondente ai propri gusti e bisogni e la responsabilità su di essa2, e l’apprendimento e la pratica di un lavoro congruo alle proprie inclinazioni e competenze3, la metodica applicata in questo remoto angolo nella provincia di Caserta4, chiamata Budget di Salute (BdS), struttura il suo intervento sociosanitario allo scopo di conseguire tale “funzionamento”. Ed è proprio nella dimensione del sociosanitario che tale metodica nasce, si struttura ed intende permanere profondamente: il BdS fu disegnato da Angelo Righetti5 precisamente nel tentativo di ricomporre “a valle” una frammentazione esistente “a monte” del sistema di cura, che vedeva – e vede ancora oggi – correre su due binari ben distinti il sistema di assistenza sociale e quello di assistenza sanitaria.

Tutto intorno a me si coltiva la terra e si trasformano i prodotti che questa restituisce alle “persone svantaggiate” che la lavorano: uomini e donne provenienti da condizioni di vulnerabilità ed emarginazione, dalla tossicodipendenza al carcere

Al centro, le cosiddette “persone svantaggiate”. Nella scelta dei suoi destinatari, infatti, il BdS si qualifica come uno strumento di presa in carico di ogni donna o uomo che si trovino in una condizione di fragilità per le più svariate ragioni, allo scopo di colmare quel gap di possibilità che ha tolto loro dignità e cittadinanza. Dignità e cittadinanza, dunque, come condizioni necessarie al “funzionamento” di ogni essere umano. Condizioni le quali, esattamente come per qualsiasi altra persona, si sostanziano in una casa, un lavoro ed un’affettività. In definitiva, volendo riassumere il senso del BdS e correndo il rischio di essere banale, condizioni funzionali al tentativo ambizioso di restituire felicità, una felicità-diritto di ciascuno. Alla base ciò che già mostrava Russell Barton nel 19596: tenere una persona in un ambiente estraneo, laddove non addirittura ostile, ne alterava gli equilibri intrapsichici nella forma di una patologia la quale si esprimeva con un linguaggio corporeo. Notava ancora Barton: ad ammalarsi non erano soltanto le persone fragili, ma anche gli operatori che ruotavano intorno ad esse, a mostrare che “non può esistere una persona sana dentro un ambiente malato” 7. Sulla scia di Barton, Franco Basaglia pervenne a destrutturare il concetto stesso di “luogo di cura”, arrivando ad abbattere il “luogo di cura” per antonomasia: il manicomio. Il “luogo di cura” diventava nulla più che il “luogo di vita” della persona, all’interno del quale si facevano spazio gli operatori della cura: coloro che si facevano ordito, sul quale intrecciare i fili della propria inconfondibile trama, coloro che, “in punta di piedi”, edificavano un’impalcatura attorno al sofferente, che lo contenesse, abbracciasse, sostenesse, proteggesse8. Di tale lezione del passato, che continua a vivere nel modello sociosanitario del BdS, quest’ultimo aspetto legato alla protezione, oggi, fa riflettere. La pandemia di Covid-19 ha comportato un’impellente e indispensabile bisogno di protezione, una protezione di sé e dell’altro, la prima inscindibile dall’ultima. Il conseguimento di tale protezione è stato individuato dal Governo e dalle autorità scientifiche nella casa. Non, quindi, all’interno dell’istituzione sanitaria, in quei “luoghi di cura” sui quali l’attuale sistema si fonda, nella quasi totalità dei casi. Il “fascino discreto del manicomio” 9, che ancora ci fa cercare per i nostri anziani o disabili il “posto letto” della struttura con i fiori alle finestre10, questa volta poi tanto seducente non è stato. Il Covid-19 è stato uno “stress test” per un sistema che ne è uscito tristemente perdente. Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), divenute drammaticamente famose in tempo di Covid-19, sono state i veri e propri focolai del contagio. Basti ricordare che le prime quattro regioni per numero di decessi sono anche prime per numero di posti letto nelle RSA. La ragione appare da ricercare nella standardizzazione degli interventi terapeutici, vigente in tali strutture, dovuta ai grandi numeri ed al carattere meramente assistenziale delle stesse. Una standardizzazione, questa, che ha fornito risposte uguali a bisogni diversi. Penso ad esempio alla tristissima vicenda di cronaca che ha visto protagonista Wanda, settantacinquenne originaria di Ariano Irpino, che è entrata nell’ospedale San Paolo di Milano positiva al Covid-19 e senza sostanziali comorbilità, ed è morta cinque giorni dopo, contenuta ai quattro arti e in corso di trattamento con altissime dosi di psicofarmaci, a causa dell’angoscia e intolleranza generata nella signora dal casco “Cpap” che doveva indossare11. Mauro (nome di fantasia), che seduto sotto al mio stesso gazebo nella provincia di Caserta si è trovato preda ad un delirio di influenzamento somatico durante il quale era convinto di “avere il Covid” perché tre anni prima lo aveva morso un cane, ha avuto i suoi operatori intorno a fare con lui un lento lavoro di razionalizzazione, che pian piano lo ha liberato. Orietta (altro nome di fantasia), che prima della pandemia trasformava la sua angoscia in un’iperattività nei lavori della cooperativa, quando si è trovata barricata in casa e non ha saputo che altro fare oltre a lavare il pavimento splendente del suo appartamento di 50 m2, è stata aiutata dalle lunghe telefonate che, tutte le mattine, le scandivano la giornata, dandole i compiti necessari a non smarrirsi nel tempo. E, allora, laddove la gestione dell’emergenza non è avvenuta sulla scala mondiale del DSM e degli altri vari manuali di standardizzazione, bensì sulla scala umana delle specifiche e situate fragilità, perfino Mauro e Orietta hanno saputo dominare l’eco dell’emergenza nelle loro menti. Il contesto è stato proprio quello dell’ordito che guida la mano nel disegno della trama, dell’impalcatura che sorregge e protegge, ovvero delle dinamiche familiari che esistono nella casa dove Mauro ed Orietta vivono, in virtù dei loro BdS. E, allora, persino ad Erasmo, sordomuto dalla nascita e figlio di contadini al quale nessuno ha mai insegnato il linguaggio dei segni né a leggere e scrivere, si è potuto spiegare, con il linguaggio di Erasmo, che per un po’ di tempo non potrà più abbracciare chi lo viene a trovare per mangiare, in sua compagnia, le melanzane sott’olio che ha sapientemente piantato.

 

1 Cit. Righetti, ‘Atlante’ a cura di Antonio Esposito, op. cit. 2018, p. 379:
“I) L’area/diritto apprendimento/socialità/affettività:
Alla persona in “Budget di salute” devono essere fornite occasioni di apprendimento, applicazione e sviluppo delle conoscenze
acquisite […].
Obiettivo delle attività dovrà essere l’apprendimento e l’acquisizione di un’abilità, prima non posseduta, e/o lo sviluppo
della stessa, avendo cura di identificare ciò che la persona e  capace di fare. […]
La persona dovrà poter usare le proprie capacita  di espressione politica, artistica, religiosa; […] dovrà essere sostenuta nel
formarsi una concezione di ciò che è bene e nell’impegnarsi in una riflessione critica su come programmare la propria
vita.”
2 Cit. Righetti, ‘Atlante’ a cura di Antonio Esposito, op. cit. 2018, p. 379:
“II) L’area/diritto casa/habitat sociale
La casa/habitat sociale costituisce obiettivo da conseguire ed eventuale possesso da esercitare, in forma singola o mutualmente
associata (gruppi di convivenza).
Le abitazioni attraverso il “Budget di salute” entrano nella disponibilità delle persone-utenti. […]
I “Budget di salute” prioritariamente orientati verso l’area casa/habitat sociale avranno l’obiettivo di limitare nel tempo i
sostegni attivi di supporto erogati, sostituendoli con la personale e ragionevole capacita  di autogestione degli utenti stessi
e seguiti dallo specifico servizio domiciliare. […]
Il supporto assistenziale da parte dei servizi sanitari competenti si attua, con i livelli di intensità necessari, soprattutto presso
il domicilio dell’utente.”
3 Cit. Righetti, ‘Atlante’ a cura di Antonio Esposito, op. cit. 2018, p. 380:
“III) Area/diritto formazione/lavoro:
L’obiettivo in quest’area è la formazione professionale e la pratica di un’ attività come inserimento e sostegno alla costruzione
di forme reddituali attive delle persone-utenti, privilegiando a tutte le età la capacità di tutti di potersi rendere utili
agli altri secondo le proprie possibilità, con finalità emancipative o economiche, oppure come partecipazione attiva e
fruitiva, in qualità di soci lavoratori o fruitori di ambienti operosi, produttivi e ad alto scambio interumano.
Le organizzazioni del “terzo settore” e del privato imprenditoriale promuovono e attuano insieme a Comuni, Province, Asl,
organizzazioni produttive, associative e culturali, i patti territoriali (L. 68/99) per la formazione-lavoro, che, partendo dalle
persone svantaggiate e prioritariamente da quelle catturate dal mercato dell’assistenza, ricostruiscono e rilanciano la
cultura del capitale sociale della comunità attraverso forme di welfare generativo di lavoro e ambiente qualitativi.”
4 Il BdS è riconosciuto ed applicabile nelle seguenti Regioni (nell’ordine cronologico col quale hanno emanato la
normativa che ne ha approvato l’utilizzo): Friuli-Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Piemonte, Sicilia, Campania.
5 Angelo Righetti, psichiatra che fu protagonista del processo di superamento dei manicomi in Italia, riconosciuto
dall’OMS quale esperto sull’argomento delle “disabilità”, è tra gli ideatori del sistema dei “Budget di salute” che ha realizzato
in diverse regioni italiane. Autore di decine di pubblicazioni scientifiche e di diversi volumi, tra cui si ricorda “Il budget di
salute e il welfare di comunita . Metodi e pratiche”, Laterza, Roma-Bari 2013.
6 Cfr. “Institutional Neurosis”, Russell Barton, prima ed. 1959
7 Intervento di Angelo Righetti presso l’incontro “I nuovi LEA sociosanitari e gli interventi sociali”, Casal di Principe,
31/07/2020
8 Cfr. “Una normale solitudine”, di Emiliano Bastianoni
9 Cfr. “Il fascino discreto del manicomio”, di Franco Basaglia
10 Citando Righetti, si intende qui l’insieme delle strutture del “privato accreditato, cui oggi è demandato il controllo
sociale dei cosiddetti “devianti””, dall‘Atlante’ a cura di Antonio Esposito, op. cit. 2018, p. 368
11 https://www.tpi.it/cronaca/malata-covid-morta-legata-imbottita-di-morfina-storia-wanda-20200514602675/

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